Descrizione
[:it]
Ho ascoltato Tod Papageorge al teatro romano di Arles nel 2004 parlare del suo lavoro di direttore della “scuola di Yale” e ho conosciuto il suo lavoro attraverso i due libri, American Sports e Passing Through Eden.
Nell’estate del 2009 ci siamo incontrati all’Accademia Americana di Roma, dove abbiamo parlato della Commissione Roma e della sua storia. Poi tornato a New Haven, Papageorge mi ha spedito molte fotografie fatte in quell’estate e quasi tutte ossessivamente a largo Carlo Goldoni.
Una volta accettato il mio invito a realizzare la Commissione Roma 2010, abbiamo iniziato a scriverci su come strutturare il lavoro, e a un certo punto, a partire dalla tradizione della fotografia nordamericana, proposi di basarci sul superamento della contrapposizione topografi/street photographers. Papageorge acconsentì immediatamente riscrivendo:
“mi piace molto la tua frase, una sorta di superamento della street photography”. A quel punto immaginavo il tutto come una serie di inquadrature “topografiche” romane che Papageorge avrebbe riempito di vita. Ma la pratica non è andata così: come quasi sempre succede nell’arte, la libertà vince sulla programmazione e dopo poche ore dal suo arrivo a Roma, Tod inizia subito una sorta di flanerie (strano usare un termine francese per un americano a Roma), all’inizio senza meta, e poi Pigneto, Mandrione, Ostia, Garbatella, Prati, i parchi, la stazione, i viali periferici ed ovviamente il centro.
Così ha funzionato questo lavoro: pochi particolari, molta gestualità anche se mai spettacolare, luoghi anche poco romani e una città che spesso non si riconosce immediatamente, e mai le persone che guardano in macchina. Tillim aveva portato a Roma parte della sua visione “africana”; e’ questa una visione “americana”? Ho pensato un po’ a questa domanda ma poi credo che sostanzialmente sia una visione enigmatica, così come enigmatica è la fotografia. Un po’ mi piace pensare che il bambino “senza tempo” della prima fotografia sia in parte una piccola reincarnazione di Tod che inizia la “flanerie” a Roma.
Mesi fa, in un incontro con Tim Davis, ex studente di Papageorge a Yale e autore di un saggio nel libro American Sports, conversavamo dei nostri futuri lavori ed io gli parlai della mia ipotesi di fare un libro intitolato “I have no idea”, ovvero la libertà totale a cui abbandonarsi. Il mio progetto è ancora in divenire, quello di Tod Papageorge è qui: quattro settimane di un flaneur americano a Roma.
Marco Delogu, luglio 2010
[:en]
Ho ascoltato Tod Papageorge al teatro romano di Arles nel 2004 parlare del suo lavoro di direttore della “scuola di Yale” e ho conosciuto il suo lavoro attraverso i due libri, American Sports e Passing Through Eden.
Nell’estate del 2009 ci siamo incontrati all’Accademia Americana di Roma, dove abbiamo parlato della Commissione Roma e della sua storia. Poi tornato a New Haven, Papageorge mi ha spedito molte fotografie fatte in quell’estate e quasi tutte ossessivamente a largo Carlo Goldoni.
Una volta accettato il mio invito a realizzare la Commissione Roma 2010, abbiamo iniziato a scriverci su come strutturare il lavoro, e a un certo punto, a partire dalla tradizione della fotografia nordamericana, proposi di basarci sul superamento della contrapposizione topografi/street photographers. Papageorge acconsentì immediatamente riscrivendo:
“mi piace molto la tua frase, una sorta di superamento della street photography”. A quel punto immaginavo il tutto come una serie di inquadrature “topografiche” romane che Papageorge avrebbe riempito di vita. Ma la pratica non è andata così: come quasi sempre succede nell’arte, la libertà vince sulla programmazione e dopo poche ore dal suo arrivo a Roma, Tod inizia subito una sorta di flanerie (strano usare un termine francese per un americano a Roma), all’inizio senza meta, e poi Pigneto, Mandrione, Ostia, Garbatella, Prati, i parchi, la stazione, i viali periferici ed ovviamente il centro.
Così ha funzionato questo lavoro: pochi particolari, molta gestualità anche se mai spettacolare, luoghi anche poco romani e una città che spesso non si riconosce immediatamente, e mai le persone che guardano in macchina. Tillim aveva portato a Roma parte della sua visione “africana”; e’ questa una visione “americana”? Ho pensato un po’ a questa domanda ma poi credo che sostanzialmente sia una visione enigmatica, così come enigmatica è la fotografia. Un po’ mi piace pensare che il bambino “senza tempo” della prima fotografia sia in parte una piccola reincarnazione di Tod che inizia la “flanerie” a Roma.
Mesi fa, in un incontro con Tim Davis, ex studente di Papageorge a Yale e autore di un saggio nel libro American Sports, conversavamo dei nostri futuri lavori ed io gli parlai della mia ipotesi di fare un libro intitolato “I have no idea”, ovvero la libertà totale a cui abbandonarsi. Il mio progetto è ancora in divenire, quello di Tod Papageorge è qui: quattro settimane di un flaneur americano a Roma.
Marco Delogu, luglio 2010
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