Pino Musi, Sottotraccia

SOTTOTRACCIA, un progetto di Pino Musi a cura di Marco Delogu, il nuovo libro Punctum press in uscita a dicembre 2019, una commissione della Fondazione di Sardegna con testi di Giovanni Columbu, Marco Delogu e Valerio Magrelli.
84 pagine – 44 fotografie stampate in tre toni su Arctic Ivory – Copertina rigida cartonata
in formato 33×33

Prezzo di uscita 40 euro, preordinabile con il 20% di sconto a 32 euro

Apre il nuovo lavoro di Pino Musi una serie di fotografie realizzate sull’isola Asinara, tra cui la cella abitata da Totò Riina, per poi proseguire l’indagine nella parte sud-occidentale della Sardegna, nel Sulcis

… Esiste una perfetta simmetria che si crea nel contrasto tra il riverbero dell’isola dell’Asinara e l’oscurità dei giacimenti del Sulcis. In tal senso viene spontaneo osservare come i due poli di questo viaggio visivo di Pino Musi coincidano con le componenti stesse della fotografia, in un perfetto equilibrio tra bianco-Asinara e nero- Sulcis, tra le abbacinanti immagini del carcere e certi scorci “piranesiani” dell’Iglesiente. Luce e buio si trovano allora riuniti in quel miracolo che forse nessuno ha colto tanto bene come il romanziere americano Cormac McCarthy, quando nella fotografia scorgeva tutti i sogni passati e futuri “cauterizzati” all’interno della camera oscura. Ecco il verbo che ho cercato tanto a lungo, dal greco, e poi dal latino, “bru- ciare o marchiare con un ferro caldo”. L’origine della fotografia corrisponde esattamente a un’ustione, al buio di una ferita che nasce dalla luce.
Sottotraccia racconta l’esito di un tormentato processo metamorfico che ha visto la natura tornare a imporsi su manufatti pure tanto diversi. Dopo la grande accelerazione che la Sardegna ha conosciuto a partire dall’epoca della rivoluzione industriale, le istallazioni realizzate all’Asinara e nel Sulcis sono state via via disertate, spopolate, sprofondando in una incuria assoluta…”
Valerio Magrelli

”… Alle immagini di Sottotraccia potrebbe essere riconosciuto un valore di denuncia. Eppure sembra che quanto stia a cuore a Musi riguardi soprattutto l’esplorazione di altre relazioni, quella misteriosa e universale tra il buio e la facoltà di vedere, così
come quella tra l’incombere del disfacimento e il contestuale riemergere delle ragioni originarie dell’esistenza di un oggetto. Lo strumento a cui fa ricorso e che magistralmente impiega per discernere i materiali indagati, ricollocare il degrado in una prospettiva estetica e in un certo senso generare ordine nel disordine, è soprattutto la geometria.
Alla fine ci sorprendiamo di non avere mai visto quello che ha visto e ci ha mostrato Pino Musi dell’Asinara e del Sulcis / Iglesiente, sebbene fosse da sempre esposto anche alla nostra vista. Quindi scopriamo che il suo discorso sull’assenza, sul buio, sulla perdita della libertà e della vista, non attiene solo ad alcuni luoghi storici e fisici, ma anche e soprattutto a qualcosa che è in ogni individuo e che riguarda la capacità di vedere…”
Giovanni Columbu

”… L’eterna lotta tra buio e luce, viene paradossalmente capovolta nei due territori del Sulcis e dell’Asinara. Uomini liberi venivano obbligati al buio delle miniere, giornate intere passate a centinaia di metri sotto la superficie. Uomini in cattività venivano obbligati a convivere con la potenza della luce del sole, e di questa bellezza abbagliante non potevano usufruire: punizione nella punizione, quella luce marcava il loro confine, così come il profondo buio toglieva salute e libertà ai minatori del Sulcis.
Questo contrasto paradossale è annullato nelle fotografie di Pino Musi. La sua scelta è quella di fotografare in bianconero ma, giustamente, di non di esaltare un contrasto già troppo forte, scelta che sarebbe stata scontata. Musi accetta la luce, il contrasto ombra / luce lo utilizza solo per accentuare le scelte stilistiche architettoniche del ventennio nelle città di fondazione, per il resto lascia che le sue immagini riflettano la luce del momento, si concentra sui paesaggi, sul passaggio dell’uomo nei due territori…”
Marco Delogu

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